Ultima stazione: crimine by Sylvia Bishop

Ultima stazione: crimine by Sylvia Bishop

autore:Sylvia Bishop
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2020-06-12T12:00:00+00:00


RUPERT NOBES

Arrivato tardi al treno. Ha evitato la perquisizione della polizia. Ha dato la colpa agli occhiali rotti.

Enorme valigia vuota. Gli serve spazio per qualcosa?

Noto truffatore!

Strana telefonata. Promesso che avrebbe avuto qualcosa per qualcuno. Sembrava turbato.

Max mise via il taccuino e cercò di scacciare dalla mente le immagini di quella giornata. Continuava a vedere la paura sulla faccia della guardia giurata, e la furia nel sorriso di Celeste. Per la prima volta sentì il peso di quello che stavano facendo. La stavano trascinando in qualcosa più grande di lei?

L’Ister era più freddo del Kálmán Imre, e Max si avvolse per bene nelle coperte. Era stata una giornata lunga, e la notte prima non aveva praticamente chiuso occhio. Nonostante le preoccupazioni, si addormentò subito.

Fu svegliata da un tonfo.

Oppure, pensò mentre la mente riprendeva a funzionare, forse aveva solo sognato un tonfo e poi si era svegliata. Difficile esserne certa. Comunque fosse, non sapeva che ora fosse né dove fosse l’Ister in quel momento, era in quell’annebbiamento notturno in cui niente sembra davvero reale e aveva uno strano senso di paura alla bocca dello stomaco. Se si era trattato di un sogno, aveva sognato una cosa orribile.

Ora che era sveglia non si sarebbe più riaddormentata se non fosse andata in bagno. Mise fuori un piede dalle coperte con cautela. Si gelava. Mise fuori tutto il resto con molta riluttanza.

Mentre percorreva silenziosamente il corridoio poco illuminato, la mente tornò a quel tonfo. Corse in bagno velocissima e tornò indietro super-velocissima, ma quando passò davanti allo scompartimento di Rupert si fermò, ricordando la telefonata disperata, sopraffatta all’improvviso dalla pietà per lui. La porta era aperta, e sbatacchiava un po’ seguendo il ritmo del treno. Sbirciò dentro.

Rupert non c’era.

Aveva aperto la cuccetta e sistemato lenzuola e coperte. Nel buio dello scompartimento sembrava una bocca spalancata, con la coperta che penzolava da una parte come una lingua. Il treno sfrecciò accanto a delle luci elettriche e lo scompartimento lampeggiò, luce-buio-luce-buio, e a Max tornarono in mente le luci blu fuori dal deposito valori. L’inquietudine si acuì. Cosa stava facendo Rupert, in giro di notte?

Da qualche parte in fondo al treno sbatté una porta, e Max si riscosse e corse a letto prima che Rupert potesse tornare e chiederle che cosa ci facesse lì davanti. Dormì, ma fece brutti sogni tutta la notte.

La mattina si svegliò con la neve.

Non so quanta neve abbiate mai visto in un colpo solo, ma probabilmente dovrete immaginarvene parecchia di più. Un lenzuolo di neve si stendeva fino all’orizzonte e alla fine si congiungeva con montagne lontane coperte anch’esse di neve. Solo i picchi delle montagne più alte ne erano privi, e si stagliavano contro il cielo invernale come lividi. A volte il treno passava accanto ad abeti interamente innevati e a case con grossi ghiaccioli che pendevano dalle grondaie, case con porte da calcio in giardino e tavoli da picnic, monumenti a un’estate ora impossibile da immaginare.

Quando suor Marguerite si svegliò, e trovò Max con il naso incollato al finestrino, sorrise. – Benvenuta in Romania, mon lapin – disse con voce assonnata.



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